Nuovo ideali estetici: ora è possibile una bellezza “diversa”

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La pop-star arrivata dalla Latvia senza una gamba

La pop-star arrivata dalla Latvia senza una gamba

La bellezza. Un termine sfruttato fino al midollo, ma che poi alla fine, diventa così personale, così relativo da perdere il valore del suo significato. Esiste una bellezza? Vediamo, tra i cliché più utilizzati (seppur veri, per carità) ci sono il tramonto sul mare, una cena romantica a lume di candela, la natura incontaminata, la nascita di un bimbo. Ma, per esempio, la diversità, è bellezza o solo politically correct?

Dopo anni di passerelle, di copertine di riviste patinate, di modelle dai fisici irraggiungibili (anche se photoshoppati), ecco che si comincia a guardare alla diversità come un ideale estetico possibile. Perché?

Qualche marchio importante aveva già provato a proporre “la donna vera” nelle sue pubblicità, quella in cui dovremmo rivederci tutte noi povere mortali che ci alziamo ogni mattina con il viso un po’ sfatto dalla stanchezza e il sedere che ahimè non assomiglia proprio a quello di Naomi Campbell anche adesso che ha compiuto 45 anni. I pubblicitari si devono essere invaghiti dell’idea che ognuna di noi rivedendosi in quel modello avrebbe detto, ma toh guarda che simpatici. Quella pubblicità è scomparsa in poco tempo. E non è più riapparsa.

Ashley Graham, forse la più nota modella curvy

Ashley Graham, forse la più nota modella curvy

Oggi, però, si respira qualcosa di nuovo: sui social iniziano ad apparire campagne di celebrities struccate, in nome di una bellezza più naturale, ma soprattutto diventano famose modelle “diverse”. Indiscutibilmente belle, ma non contraddistinte da quella perfezione che intendiamo quando parliamo per esempio di Gisele Bundechen.

C’è Winnie Harlow, la top di colore con la vitiliggine, una splendida ragazza con grandi macchie più chiare sul corpo, diventata icona delle passerelle.

Madeline Stewart, la diciottenne australiana che ha deciso di sfidare la sindrome di Down mettendosi in testa di fare la modella e riuscendoci. Non solo per lei, ma “perché posare aiuterà a cambiare il modo in cui la società vede la sindrome di Down, e l’esposizione aiuterà a creare accettazione nella vita”.

C’è Rebekah Marine, la modella con un braccio bionico che sfilerà alla New York Fashion Week, c’è Lea T, la prima modella trans che ha deciso di usare la sua storia per cambiare la percezione delle persone sulla bellezza, diventando il volto di Givenchy, posando nuda per Vogue Francia prima dell’operazione e baciando Kate Moss sulla copertina di LOVE.

C’è Victoria Modesta,arrivata dalla Latvia senza una gamba e diventata in breve una del pop star più all’avanguardia, grazie alle protesi sfoggiate in video e servizi fotografici.

Ancora Conchita Wurst, di cui tutti hanno sottolineato la “bellezza” del contrastro tra un corpo sinuoso femminile ed elegante e l’elemento maschile di una barba folta sul viso.

E poi avanzano, sempre con un po’ di resistenza, ma avanzano le modelle “curvy”: Ashley Graham, Marquita Pring, Stefania Ferrario che hanno detto basta agli esili corpi anoressici, per rappresentare la donna formosa con seno, fianchi e sedere degni di questo nome.

Non è forse ancora tempo di dire che il mondo della bellezza aprirà definitivamente a modelli lontani dai canoni prestabiliti, ma l’elenco degli “outsider” si sta allungando sempre di più e forse (lo speriamo) qualcosa sta davvero cambiando.

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